GIAMBELLINO - Rotta verso il 25 aprile 2012
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VILLA TRISTE
Mercoledì 7 Aprile alle ore 21 , presso la Camera del Lavoro di Piazzale Segesta le sezioni Anpi di zona presentano una ricostruzione storica delle vicende che hanno avuto come teatro Villa Triste, situata proprio nella nostra zona, e come protagonista la "banda Koch". Un luogo di tortura attivato dai nazifascisti durante il periodo della Resistenza. La serata, dedicata alla memoria, è strutturarta con una presentazione video e con letture "teatrali" che meritano di essere meditate anche in funzione dell’oggi e del come possiamo non far cadere nell’oblio quei fatti per noi e per le nuove generazioni.
"E’ una stradina di villette e di minuscoli giardini ben curati… su un muro una croce celtica dell’estremismo nazifascista di oggi, su un altro i messaggi dipinti con gli spray degli amori adolescenti. Il numero 19 della via Paolo Uccello è dalla parte di Piazzale Lotto e della Metropolitana 1. I rami di una pianta ricoprono una lapidina che ricorda il "tragico luogo". La città sembra infinitamente lontana. "- da C.Stajano – "La città degli untori"
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Bocciata la mozione per la via a Giorgio Almirante
Con 3 voti favorevoli, 5 astenuti e 20 contrari il consiglio di zona otto lunedì 1 marzo ha respinto la mozione che proponeva di titolare una via a Giorgio Almirante. La buona notizia ci arriva direttamente dai consiglieri della minoranza che con i loro interventi, assieme al comitato antifascista , i partiti, le associazioni, le sezioni anpi e singoli cittadini, hanno evitato che la provocazione andasse a buon fine. Apprendiamo con soddisfazione che anche in zona 6, una mozione analoga è stata respinta.
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1 marzo 2010
MILANO Ore 9.30 presidio- corteo Piazza della Scala . Ore 17.30-19 corteo- fiaccolata da piazza del Duomo a Piazza Castello – Palco con interventi . Portiamo tutti addosso qualcosa di giallo
Primo Marzo di tutti noi" di Fabrizio Gatti
I miei compagni di classe alla scuola materna dicevano che non dovevo parlare con Elio. Eravamo bambini di quattro e cinque anni. Elio aveva un cognome lombardo, era discendente di una famiglia lombarda da generazioni. Ma aveva una colpa per la quale doveva essere escluso dai nostri giochi: Elio abitava con i terroni.
Elio viveva in un caseggiato malmesso affacciato su un cortile polveroso. E i suoi vicini di casa erano famiglie di calabresi, siciliani, campani che si ammassavano nei bilocali senza bagno, una porta e una sola finestra in cambio di un lavoro come manovali, addetti alle pulizie, i più fortunati come operai nell’industria. Era il 1970 e Milano e la sua provincia avevano tre categorie di abitanti. C’erano i lombardi, baluardo dell’operosità e dell’onestà. C’erano i terroni del Nord, veneti e friulani, bravi, eh, onesti pure loro, ma non mancavano le suore e i parroci che mettevano in guardia i teenager del posto, mai fidanzarsi con venete e friulane che, si sa, sono ragazze di facili costumi. Poi c’erano i terroni terroni: quegli incoscienti che fanno figli come conigli, non sanno nemmeno parlare l’italiano, non si lavano, anzi puzzano, Dio santo come si fa a vivere così, tengono le galline in cucina, piangono miseria, affitti la casa a uno di loro e te la ritrovi piena di gente, in Comune hanno sempre la precedenza nelle liste per le case popolari, per i libri a scuola, non hanno voglia di lavorare e lo Stato li premia, sono mafiosi, rubano, violentano le donne, guarda le loro mogli, si vestono di nero e le vecchie sono obbligate a portare il velo, ma come si fa, sono così diversi da noi, mica possiamo accoglierli tutti questi terroni, non siamo razzisti per carità, ma perché non li aiutano a casa loro? Quei discorsi, respirati dai bambini, avevano condannato Elio all’esclusione. Perfino lui che era lombardo.
Ma oggi, quarant’anni dopo, quell’insulto, terrone, è praticamente scomparso. Chi fa più caso all’origine geografica di un cognome o di un nome? È bastata una generazione per cancellare gli effetti di questa segregazione. E grazie a quell’immigrazione interna dal 1970 l’Italia, la sua industria, la sua economia, la sua cultura, hanno potuto crescere. Adesso la sfida è la stessa: costruire una nuova unità, una nuova ricchezza del Paese. La sfida è mettere la generazione dei nostri figli nelle condizioni di considerare normale la differenza di pelle, di nome, di religione, al punto da non considerarla più una differenza. Ci vorrà tempo. Forse, come per il piccolo Elio e per tutti noi ex terroni, ci vorrà un’intera generazione. Ma le fondamenta perché questo avvenga dipendono da quello che noi facciamo oggi.
La segregazione tra italiani e stranieri è ancora feroce, ma il sistema xenofobo che l’ha voluta si avvia alla decomposizione. Non ha futuro. Il sistema di potere che l’ha prodotto è già morto, sta marcendo nel cancro delle tangenti, nelle complicità con la mafia, nella parodia dell’onestà e della buona amministrazione che dal 1994 in poi ha diviso l’Italia e l’ha ridotta al cadavere che è. Il capolinea di tutto questo è il 2013, forse anche prima. Poi ci sarà il vuoto. E tutti noi, cittadini onesti, che non ci riconosciamo nel marciume della corruzione, abbiamo l’obbligo di riempirlo. Anche semplicemente con la nostra presenza, con le nostre piccole azioni quotidiane. Ecco perché le manifestazioni di lunedì primo marzo sono un’occasione importante per esserci, per pretendere un Paese diverso, per rendere possibile una nuova unità nazionale dove la libertà di esistere non dipende dal passaporto del luogo dove ciascuno di noi è nato ma dallo Stato, dalla città, dal quartiere dove ora vive. Esserci è un dovere di solidarietà nei confronti di Ion Cazacu, ingenere e muratore, padre di due bimbe, bruciato vivo dal suo datore di lavoro. È un dovere nei confronti dei braccianti presi a fucilate a Rosarno. Ma è anche l’unico, ultimo mezzo che ci resta per far sapere che in questa Italia in cui la criminalità organizzata siede in Parlamento tutti noi, cittadini onesti, oggi siamo stranieri.
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CUORE NERO LASCIA VIA PARETO
Mappa della Milano nera tra neofascismo, Lega Nord e Pdl
La notizia è di qualche giorno fa: Cuore nero di via Pareto a Milano chiude i battenti e si trasforma in Casa Pound Italia
Saverio Ferrari – Liberazione – 07/02/2010
Nella foto: da destra Roberto Formigoni, Romano La Russa e Roberto Jonghi Lavarini alias il Barone nero
La notizia è di qualche giorno fa: Cuore nero di via Pareto a Milano chiude i battenti e si trasforma in Casa Pound Italia. Dove aprirà la nuova sede lo si scoprirà presto. Ma sarebbe un errore credere che si tratti solo di un cambio di insegne e di luogo. Nello spazio di un paio d’anni molte cose sono, infatti, mutate.
I soggetti che avevano inizialmente sostenuto il progetto di un punto di incontro a Milano di tutte le anime del neofascismo, si sono rapidamente dispersi o sono via via entrati in conflitto fra loro. Prima, nel settembre 2008, era arrivata la decisione di Roberto Jonghi Lavarini, uno degli sponsor di Cuore nero, e del suo gruppo, Destra per Milano, di confluire in Alleanza nazionale, seguiti nel febbraio dello scorso anno da qualche altra decina di militanti, guidati da Matteo "Stizza" Pisoni, che avevano costituito Area Identitaria, un organismo composto da ex della Fiamma tricolore per traghettare a loro volta verso An. Infine, l’approdo, sempre in An, di Lino Guaglianone, ex Nar, e dei suoi amici di Comunità in movimento, dopo l’insuccesso elettorale del cartello de La Destra con la Fiamma tricolore nelle elezioni politiche del giugno 2008. Sarà un caso, ma a Guaglianone è stata subito riconfermata la carica di consigliere d’amministrazione nelle Ferrovie Nord, in quota a Ignazio La Russa.
In direzione opposta si era nel frattempo consumata anche un’altra scissione, quella degli Hammer, ovvero i seguaci milanesi dell’omonima setta neonazista nata negli Stati Uniti, che avevano abbandonato via Pareto per dar vita a Bollate alla Skinhouse.
Già alla fine del 2008, come conseguenza, si era registrato un primo passaggio di mano all’interno del gruppo dirigente di Cuore nero, con la nomina a portavoce di Francesco Cappuccio, detto Doppio malto. L’idea era di offrire un’immagine meno truce, sganciandola dal suo leader carismatico Alessandro Todisco, con troppi problemi, anche giudiziari, soprattutto dopo i fatti dell’11 novembre 2007, seguiti alla morte del tifoso laziale Gabriele Sandri, quando alcune centinaia di ultras nerazzurri e teste rasate tentarono addirittura, con un ariete per sfondare il portone, l’assalto alla caserma dei carabinieri di via Vincenzo Monti a Milano.
D’altro canto anche gli affari collegati alla vendita delle magliette e dei gadget della linea Calci e pugni, gestiti dalla moglie di Todisco negli stessi locali di Cuore nero, non procedevano bene, con le spese a superare gli incassi. Con l’allontanamento di Roberto Jonghi Lavarini e soprattutto di Lino Guaglianone, erano, infine, insorte ulteriori difficoltà a sostenere le spese di gestione dei locali.
Alla tendenza a confluire nel Pdl di molti spezzoni del neofascismo milanese, si è parallelamente accompagnata negli ultimi mesi una fase caratterizzata da forti contrasti interni. Non solo politici. Tra l’agosto e il novembre in più di un’occasione sono stati visti esponenti e gruppi dell’estrema destra venire alle mani. Un dato nuovo. Due gli episodi principali.
Il primo a fine agosto, sul piazzale davanti allo stadio Meazza, nei pressi del bar Chiringuito, quando un gruppo di Hammer ha pesantemente malmenato i fratelli Todisco, Alessandro detto Todo e Franco, detto Lothar. Le ragioni dello scontro sono tutte interne alla battaglia in corso per l’egemonia dentro la curva interista. Da un lato la vecchia guardia, sotto le insegne di Franco Caravita, dall’altra un agguerrito gruppo di malavitosi decisi a conquistarla, utilizzando gli stessi metodi mafiosi già dimostratisi vincenti sulla sponda rossonera. La posta in gioco in questo caso era il controllo degli Irriducibili.
L’altro fatto, ben più significativo, sembrerebbe invece aver riguardato, domenica 18 ottobre, proprio Roberto Jonghi Lavarini, a detta di Indymedia Lombardia , vittima di un’aggressione, la sera, fuori della sede del circolo Destrafuturo di Città Studi. Un episodio subito smentito dallo stesso, con tanto di minaccia di querela a chi l’avesse ripreso. Indymedia Lombardia divulgò la notizia, attraverso un post anonimo, raccontando come «un gruppo di skin di Forza nuova» avesse «teso un agguato» a Jonghi Lavarini a causa delle sue critiche al gruppo «per aver invitato l’infame calunniatore, il giornalista di Repubblica Paolo Berizzi, a presentare il suo libro Bande nere ».
Anche il quotidiano Avvenire , la domenica successiva dedicò spazio all’episodio, addirittura una pagina intera nell’edizione milanese. Quel che è certo, nonostante le smentite, è stata, nei giorni successivi, la partenza di una delegazione a suo nome per trattare direttamente a Padova con il coordinatore nazionale di Forza nuova, Paolo Caratossidis, ottenere scuse e spiegazioni ed evitare un effetto domino con vendette e ripicche.
In questo quadro si è consumato l’ultimo atto di Cuore nero, con l’abbandono ufficiale di Alessandro Todisco («Me ne vado sicuro di aver fatto il mio dovere, fino in fondo», scrive nel suo comunicato di addio) e la decisione di passare armi e bagagli a Casa Pound. Non estraneo a questo passo definitivo quanto accaduto il 1° novembre scorso, quando al termine delle celebrazioni organizzate da alcune associazioni di reduci repubblichini al cimitero Maggiore, al Campo X dove sono inumate le spoglie di alcune centinaia di caduti della Rsi, una trentina di aderenti a Cuore nero tentò di penetrare negli studi di Radio popolare, colpevole, a loro dire, di averli derisi in una trasmissione. Una sorta di "spedizione punitiva", che non solo suscitò forti proteste in ambito democratico, ma che soprattutto non fu apprezzata dai vertici nazionali di Casa Pound, timorosi delle conseguenze di un ulteriore isolamento. Da qui la decisione di Gianluca Iannone, su consiglio di Gabriele Adinolfi, di tagliare i ponti con questa parte di camerati troppo rissosi e incontrollabili. In pratica il nucleo fondante di Cuore nero.
Il senso di questa virata è stato, senza alcun dubbio, quello di favorire una ripresa dei rapporti con la Destra istituzionale, Lega compresa, che sembrerebbe aver conquistato ultimamente molte simpatie nel neofascismo milanese. E se da un lato, in ambito Pdl, il parlamentare europeo Carlo Fidanza (della stessa corrente degli ex aennini vicini al sindaco di Roma Alemanno) si è ormai conquistato il ruolo di referente più accreditato, dall’altro, i principali esponenti leghisti fanno a gara a corteggiare gli ambienti di estrema destra. Il 5 settembre scorso, sancita dalla partecipazione di Mario Borghezio a un convegno sulla scuola in via Pareto, è anche stata stipulata un’alleanza tra Casa Pound e il Centro identitario di via Monte Grappa, collegato a Terra e popolo, una delle articolazioni milanesi dei Volontari verdi. Con loro, a promuovere iniziative, ora anche lo Spazio Ritter, l’ex Libreria del fantastico, di Maurizio Murelli e Marco Battarra. Una sorta di intreccio fascio-leghista che ha dato vita anche a una pubblicazione mensile: Il borghese del nord . Promossa dall’editore Luciano Lucarini, a guidarla politicamente è stato chiamato proprio Mario Borghezio. Con lui, Franco Polver, presidente del comitato Milano capitale. In redazione, guarda caso, anche Francesco Cappuccio che curerà l’unica rubrica fissa: "Il cortile delle api". Una particolarità: nel primo numero anche un articolo di Shaykh’ ‘Abd-Al Whaid Pallavicini, figura di spicco dell’islamismo moderato, vice presidente della Comunità religiosa islamica sponsorizzata dal ministro dell’Interno Roberto Maroni, autore nel primo numero di un pezzo dal titolo "Il simbolismo della croce e Renè Guenon".
Ma la Lega è anche pronta ad accogliere alcune vecchie figure del radicalismo di destra, con qualche problema di collocazione. Si parla con insistenza dell’ingresso sia di Fabrizio Fratus e del suo minuscolo gruppetto denominato Sintesi, già Alleanza studentesca e Giovane Europa, sia di Carla De Albertis di Nordestra. Obiettivo per entrambi, farsi candidare come indipendenti alle prossime elezioni comunali del 2011. Operazione più semplice per la De Albertis, in grado di portare in dote alla Lega qualche significativo contributo economico.
Un’ultima informazione. Di recente, con un nome volutamente allusivo, ha preso quota a Milano un nuovo ritrovo di tutte le anime dell’estrema destra, il Lux, gestito da Luca Cassani, detto Kassa, l’attuale portavoce del Comitato Sergio Ramelli (una specie di coordinamento del neofascismo milanese) e da Alessandro Pozzoli, proveniente da An. Situato in via Canonica, angolo via Moscati, in zona Sempione, è anche frequentato dai nuovi capi delle curve interista e milanista.
Come sempre i fascisti passano molto tempo della loro vita tra bar e stadi. Nei giorni scorsi il locale ha anche ospitato la presentazione di un libro di Giuliano Castellino, l’ex responsabile della Fiamma tricolore di Roma, poi confluito nel Pdl. A promuovere l’iniziativa l’Area identitaria di Matteo Pisoni, ex di Cuore nero, e i circoli della Nuova Italia, legati a Gianni Alemanno. Oratore di punta: Carlo Fidanza. La gara tra Pdl e Lega su chi sta più a destra continua.
www.osservatoriodemocratico.org
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