OSCURATO IL FORUM NEONAZI STORMFRONT

Razzismo e antisemitismo
In carcere l’ideologo di Stormfront

 

 

Arrestati, oltre a Daniele Scarpino, anche tre attivisti del sito neonazista che sostiene “la superiorità della razza bianca”. Ipotesi di reato sono “incitamento all’odio razziale e diffusione di idee antisemite”. Il questore: “pronti ad attaccare campi nomadi”. Schedate diverse personalità fra cui Fini e Riccardi

di FABIO TONACCI e FRANCESCO VIVIANO 

ROMA – In carcere l’ideologo e tre attivisti di Stormfront Italia, il sito neonazista e antisemita che sostiene la “superiorità della razza bianca”. La Polizia postale e la Digos hanno notificato le ordinanze di custodia cautelare in carcere a Daniele Scarpino di Milano, amministratore del forum italiano del portale stormfront.org e ideologo, Diego Masi di Frosinone, Luca Ciampaglia di Teramo e Micro Viola di Cantù. L’ipotesi di reato, formulata dal pool antiterrorismo della procura di Roma diretto da Giancarlo Capaldo, è di aver costituito un’associazione dedita all’incitamento all’odio razziale e alla diffusione di idee antisemite via Internet. Mentre sono stati perquisiti: Giamarco Elia Ceccarelli di Fondi (Latina) 22 anni, Ivan Lo Masso  di Massa di Somma (Napoli) 21 anni; Giuseppe Angelo Minici Reggio Calabria 23 anni; Marco Puppa, Venezia, 18 anni; Maurizio Santini,  Fabriano (Napoli) 50 anni; Simone Noccioli, Genova, 37 anni; Maurizio D’Angelo, Aosta, 40 anni; Alessandro Pedroni, Tempio Pausania, residente a Bologna, 32 anni; Tommaso Cavaliere, Napoli, 25 anni; Giacomo Fasoli, Verona, 23 anni; David Calvarese, Macerata, 27 anni; Maurizio Prato, Torino, 22 anni; Roberto Rosato, Chieti, 35 anni; Letizia Speziale, San Cataldo (Caltanissetta), 32 anni; Filippo Galbesi, Milano, 46 anni; Mirko Viola, Cantù, 43 anni.

La rete antisemita era molto attiva: avevano schedato una serie di personalità in quella che avevano chiamato “lista di delinquenti italiani”, accusati di aiutare immigratiattraverso quelli che nel loro gergo venivano chiamati come “atti criminali”, traendone “profitto economico”. Tra i nomi anche il presidente della Camera Fini, il ministro Riccardi, il presidente della Comunità ebraica di Roma Pacifici. Ma anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno, i giornalisti Gad Lerner e Maurizio Costanzo, il pm di Torino Laura Longo, i giudici del Tribunale del Riesame di Palermo Antonella Consiglio, Giuseppina Di Maida e Filippo Serio e il sindaco di Padova Flavio Zanonato.

Secondo il questore di Roma, gli aderenti a Stormfront erano pronti anche ad “attacchi a campi nomadi e altri obiettivi di interesse per chi ha questo tipo di ideologia” situate soprattutto nel nord Italia.

Stormfront.org, “il più grande sito d’odio presente su Internet” come è stato definito dai media americani, è comparso in rete già dai primi anni novanta come bollettino di notizie. Diventa un sito vero e proprio nel 1995, quando viene gestito dall’ex leader del Ku Klux Klan e pregiudicato Don Black (già membro del Partito nazionalista socialista del popolo bianco, fu imprigionato nel 1981 per aver partecipato al golpe fallito che doveva rovesciare il governo domenicano). La base operativa dove sono installati i server è a West Palm Beach, in Florida, da dove Don Black gestisce quindici forum in tutto il mondo, dal Portogallo alla Nuova Zelanda. Nel 2008 aveva 80 mila utenti unici giornalieri, che aumentarono di 2000 unità il giorno dopo che gli Stati Uniti elessero presidente Barack Obama.

Nel forum italiano vengono citati passi del Mein Kampf, pubblicate foto delle Ss, elencati nomi di presunti “poteri occulti giudaici”. Gli utenti discutono della superiorità dei bianchi e del “pericolo della contaminazione dei negri”. Di recente, dopo un articolo pubblicato sul neonato Huffington Post Italia, hanno aggiornato la loro blacklist di ebrei italiani appartenenti al mondo della cultura, della politica e dell’informazione. Quella condotta dalla procura di Roma e che ha portato agli arresti di oggi è la prima grossa indagine in Italia su Stormfront. Il forum italiano sarà oscurato a breve.

http://www.repubblica.it/cronaca/2012/11/16/news/razzisimo_e_antisemitismo_perquisizioni_in_tutta_italia-46756468/

 

 

 

 

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27 ottobre 2012 in ricordo di Giovanni Ardizzone

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Un convegno interessante

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Il Mausoleo della crudeltà

Un contributo di Gian Antonio Stella sulla questione del monumento al fascista sanguinario Rodolfo Graziani

Quel Mausoleo alla crudeltà che non fa indignare l’Italia

«Mai dormito tanto tranquillamente», scrisse Rodolfo Graziani in risposta a chi gli chiedeva se non avesse gli incubi dopo le mattanze che aveva ordinato, come quella di tutti i preti e i diaconi cristiani etiopi di Debra Libanos, fatti assassinare e sgozzare dalle truppe islamiche in divisa italiana. Dormono tranquilli anche quelli che hanno speso soldi pubblici per erigere in Ciociaria un sacrario a quel macellaio? Se è così non conoscono la storia. L’11 agosto scorso è stato inaugurato ad Affile (Roma) un sacrario «al Soldato M.llo d’Italia Rodolfo Graziani». L’opera è stata finanziata dalla Regione Lazio, con fondi in principio destinati al completamento del parco in cui l’opera è stata costruita, ed è costata circa 127 mila euro. Il deputato Pd Jean Leonard Touadi ha firmato una interrogazione parlamentare sull’opportunità della costruzione. SEGUE DALLA PRIMARimuovere il ricordo di un crimine, ha scritto Henry Bernard Levy, vuol dire commetterlo di nuovo: infatti il negazionismo «è, nel senso stretto, lo stadio supremo del genocidio». Ha ragione. È una vergogna che il comune di Affile, dalle parti di Subiaco, abbia costruito un mausoleo per celebrare la memoria di quello che, secondo lo storico Angelo Del Boca, massimo studioso di quel periodo, fu «il più sanguinario assassino del colonialismo italiano». Ed è incredibile che la cosa abbia sollevato scandalizzate reazioni internazionali, con articoli sul New York Times o servizi della Bbc, ma non sia riuscita a sollevare un’ondata di indignazione nell’opinione pubblica nostrana. Segno che troppi italiani ignorano o continuano a rimuovere le nostre pesanti responsabilità coloniali.Francesco Storace è arrivato a dettare all’Ansa una notizia intitolata «Non infangare Graziani» e a sostenere che «nel processo che gli fu intentato nel 1948 fu riconosciuto colpevole e condannato a soli due anni di reclusione per la semplice adesione alla Rsi». Falso. Il dizionario biografico Treccani spiega che il 2 maggio 1950 il maresciallo fu condannato a 19 anni di carcere e fu grazie ad una serie di condoni che ne scontò, vergognosamente, molti di meno. È vero però che anche quella sentenza centrata sul «collaborazionismo militare col tedesco», era figlia di una cultura che ruotava purtroppo intorno al nostro ombelico (il fascismo, il Duce, Salò…) senza curarsi dei nostri misfatti in Africa. Una cultura che spinse addirittura Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti (un errore ulteriore che ci pesa addosso) a negare all’Etiopia l’estradizione di Graziani richiesta per l’uso dei gas vietati da tutte le convenzioni internazionali e per gli eccidi commessi e rivendicati. E più tardi consentì a Giulio Andreotti a incontrare l’anziano ufficiale, in nome della Ciociaria, senza porsi troppi problemi morali. Allora, però, nella scia di decenni di esaltazione del «buon colono italiano» non erano ancora nitidi i contorni dei crimini di guerra. Gli approfondimenti storici che avrebbero inchiodato il viceré d’Etiopia mussoliniano al suo ruolo di spietato carnefice non erano ancora stati messi a fuoco. Ciò che meraviglia è che ancora oggi il nuovo mausoleo venga contestato ricordando le responsabilità di Graziani solo dentro la «nostra» storia. Perfino Nicola Zingaretti nel suo blog rinfaccia al maresciallo responsabilità soprattutto «casalinghe».Per non dire dell’indecoroso sito web del Comune di Affile, dove si legge che l’uomo fu una «figura tra le più amate e più criticate, a torto o a ragione» del periodo fra le due guerre e un «interprete di avvenimenti complessi e di scelte spesso dolorose». Che «compì grandiosi lavori pubblici che ancor oggi testimoniano la volontà civilizzante dell’Italia». Che «seppe indirizzare ogni suo agire al bene per la Patria attraverso l’inflessibile rigore morale e la puntigliosa fedeltà al dovere di soldato». «Inflessibile rigore morale»? «Rodolfo Graziani tornò dall’Etiopia con centinaia di casse rubate e rapinate in giro per le chiese etiopi», racconta Del Boca. «Grazie a lui il più grande serbatoio illegale di quadri e pitture e crocefissi della chiesa etiope è in Italia». Certo, non fu il solo ad avere questo disprezzo per quella antichissima Chiesa cristiana fondata da San Frumenzio intorno al 350 d.C. Basti ricordare le parole, che i cattolici rileggono con imbarazzo, con cui il cardinale di Milano Ildefonso Schuster inaugurò il 26 febbraio 1937 il corso di mistica fascista una settimana dopo la spaventosa ecatombe di Addis Abeba: «Le legioni italiane rivendicano l’Etiopia alla civiltà e bandendone la schiavitù e la barbarie vogliono assicurare a quei popoli e all’intiero civile consorzio il duplice vantaggio della cultura imperiale e della Fede cattolica».Fu lui, l’«eroe di Affile», a coordinare la deportazione dalla Cirenaica nel 1930 di centomila uomini, donne, vecchi, bambini costretti a marciare per centinaia di chilometri in mezzo al deserto fino ai campi di concentramento allestiti nelle aree più inabitabili della Sirte. Diecimila di questi poveretti morirono in quel viaggio infernale. Altre decine di migliaia nei lager fascisti.E fu ancora lui a scatenare nel ’37 la rappresaglia in Etiopia per vendicare l’attentato che gli avevano fatto i patrioti. Trentamila morti, secondo gli etiopi. L’inviato del Corriere, Ciro Poggiali, restò inorridito e scrisse nel diario: «Tutti i civili che si trovano in Addis Abeba hanno assunto il compito della vendetta, condotta fulmineamente con i sistemi del più autentico squadrismo fascista. Girano armati di manganelli e di sbarre di ferro, accoppando quanti indigeni si trovano ancora in strada… Inutile dire che lo scempio s’abbatte contro gente ignara e innocente». I reparti militari e le squadracce fasciste non ebbero pietà neppure per gli infanti. C’era sul posto anche un attore, Dante Galeazzi, che nel libro Il violino di Addis Abeba avrebbe raccontato con orrore: «Per tre giorni durò il caos. Per ogni abissino in vista non ci fu scampo in quei terribili tre giorni in Addis Abeba, città di africani dove per un pezzo non si vide più un africano». Negli stessi giorni, accusando il clero etiope di essere dalla parte dei patrioti che si ribellavano alla conquista, Graziani ordinò al generale Pietro Maletti di decimare tutti, ma proprio tutti i preti e i diaconi di Debrà Libanòs, quello che era il cuore della chiesa etiope. Una strage orrenda, che secondo gli studiosi Ian L. Campbell e Degife Gabre-Tsadik autori de La repressione fascista in Etiopia vide il martirio di almeno 1.400 religiosi vittime d’un eccidio affidato, per evitare problemi di coscienza, ai reparti musulmani inquadrati nel nostro esercito. Lui, il macellaio, quei problemi non li aveva: «Spesso mi sono esaminato la coscienza in relazione alle accuse di crudeltà, atrocità, violenze che mi sono state attribuite. Non ho mai dormito tanto tranquillamente». Di più, se ne vantò telegrafando al generale Alessandro Pirzio Biroli: «Preti e monaci adesso filano che è una bellezza». C’è chi dirà che eseguiva degli ordini. Che fu Mussolini il 27 ottobre 1935 a dirgli di usare il gas. Leggiamo come Hailé Selassié raccontò gli effetti di quei gas: si trattava di «strani fusti che si rompevano appena toccavano il suolo o l’acqua del fiume, e proiettavano intorno un liquido incolore. Prima che mi potessi rendere conto di ciò che stava accadendo, alcune centinaia fra i miei uomini erano rimasti colpiti dal misterioso liquido e urlavano per il dolore, mentre i loro piedi nudi, le loro mani, i loro volti si coprivano di vesciche. Altri, che si erano dissetati al fiume, si contorcevano a terra in un’agonia che durò ore. Fra i colpiti c’erano anche dei contadini che avevano portato le mandrie al fiume, e gente dei villaggi vicini». Saputo del monumento costato 127 mila euro e dedicato al maresciallo con una variante sull’iniziale progetto di erigere un mausoleo a tutti i morti di tutte le guerre, i discendenti dell’imperatore etiope, come ricorda il deputato Jean-Léonard Touadi autore di un’interrogazione parlamentare, hanno scritto a Napolitano sottolineando che quel mausoleo è un «incredibile insulto alla memoria di oltre un milione di vittime africane del genocidio», ma che «ancora più spaventosa» è l’assenza d’una reazione da parte dell’Italia. Rodolfo Graziani «eseguiva solo degli ordini»? Anche Heinrich Himmler, anche Joseph Mengele, anche Max Simon che macellò gli abitanti di Sant’Anna di Stazzema dicevano la stessa cosa. Ma nessuno ha mai speso soldi della Regione Lazio per erigere loro un infame mausoleo.

http://archiviostorico.corriere.it/2012/settembre/30/Mausoleo_della_crudelta_Quel_Mausoleo_co_0_20120930_063afa86-0abe-11e2-9a73-27cd317c843f.shtml

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